Dal regista di Notting Hill la straordinaria storia di un furto avvenuto realmente a Londra negli anni '60
Nel 1961 Kempton Bunton era un tassista sessantenne che non se la passava tanto bene economicamente. Per una giusta causa ruberà dalla National Gallery di Londra, il ritratto del Duca di Wellington, dipinto da Goya. È stato il primo e l'unico furto nella storia del museo.
Dopo il furto Kempton inviò una richiesta di riscatto, scrivendo che avrebbe restituito il dipinto a una condizione: che il governo inglese avesse stanziato più fondi per la cura dei più anziani.
In passato, Kempton aveva già intrapreso una lunga campagna attivista allo scopo di far ricevere il segnale televisivo della BBC gratuitamente ai pensionati. Cosa successe in seguito divenne leggenda.
Kempton però non aveva detto la verità, ma era in fondo un brav'uomo, determinato a cambiare il mondo e a salvare il suo matrimonio.
Nel film di Roger Mitchell (Notting Hill) Kempton Bunton (Jim Broadbent) è un gentiluomo della classe operaia di 60 anni che vive a Newcastle con uno sfacciato senso dell'umorismo e uno spirito travolgente, per caso viene coinvolto in una rapina d'arte londinese.
Lo incontriamo nel 1961, vicino all'età della pensione come lavoratore precario ma ancora vivace che si dimena tra varie attività. Vive con la perennemente esasperata moglie Dorothy (Helen Mirren) e il figlio più giovane Jackie (Fionn Whitehead) in una casa a schiera angusta e squallida.
Le sue piccole stanze color seppia sono sovraffollate di mobili e dolore: la figlia maggiore, Marian, è morta giovane in un incidente a cui i genitori si danno la colpa.
Se la cavano con pochi soldi, la moglie "pulisce il mondo" per una signora altolocata, e sono regolarmente assillati dagli ispettori per il canone televisivo, una tassa dell'emittente pubblica dalla quale Bunton insiste che dovrebbe essere esentato, dato che la sua tv non riceve il segnale della BBC.
Le autorità però non sono persuase; quindi lo mandano per poco tempo in prigione. Al suo rilascio, con disperazione della sua semplice moglie, si lancia in un'appassionata campagna per abolire il canone tv per gli anziani, dirigendosi persino a Londra a fare pressioni sul Parlamento, con risultati prevedibilmente inutili.
Il governo e i media si preoccupano "più dell'arte che della carità", si sfoga, di fronte alla notizia principale del giorno: l'acquisto per 140.000 sterline da parte della National Gallery del dipinto di Goya il "Ritratto del duca di Wellington" del 1812.
Sostiene che il denaro sarebbe stato speso meglio fornendo canoni TV gratuiti a tutti i vecchi pensionati del Regno Unito. (Alla fine del film una nota rivela che il canone gratuito è stato davvero introdotto ma solo nel 2000 per gli over 75. )
Il modo in cui questa frustrazione si trasformerà in un furto, è il valore di una sceneggiatura accurata per non rivelare al pubblico la verità finale.
Se la la maggior parte dei film di rapina si concentrano sulla pianificazione del colpo, Il ritratto del duca infrange con molta ironia questa regola, descrivendo il furto stesso come una sorta di capriccio, e concentrandosi più sulle disgrazie lavorative del povero Bunton, stemperando la tensione con tentativi insoliti di Bunton e del figlio Jackie nel nascondere il dipinto dentro un armadio con doppio fondo senza dire nulla alla moglie sospettosa, così come gli eccentrici procedimenti legali che ne conseguono quando il loro piano non va come dovrebbe.
Portato in tribunale per rendere conto del furto, a Kempton viene dato finalmente modo di sfogarsi in modo teatrale, cosa che desiderava da tutta la vita.
L'uomo è un fanfarone, un truffatore, ma è anche profondamente idealista, un socialista impegnato, ed è questo lato che alla fine viene alla ribalta. Prenderà in giro il giudice, scherzerà con la giuria spiegando di riporre la sua fede «non in Dio, ma nelle persone». Singolarmente, secondo Kempton, le persone sono solo mattoni singoli, ma mettili insieme e farai una casa.
Gli sceneggiatori con abilità hanno aggiornato il personaggio, facendolo apparire come un tenero e goffo uomo qualunque inglese con una vena di spirito progressista: difende le minoranze etniche perseguitate al lavoro senza paura di perdere il suo posto precario in una fabbrica di pane a cassetta, lanciando citazioni di Gandhi e slogan in anticipo sui tempi.
Broadbent e Mirren sono una coppia perfetta, i due interpretano in modo convincente una storia matrimoniale contrastante, insieme i figli alle prese con i loro amori e i tragici ricordi della figlia maggiore scomparsa a cui il padre, commediografo dilettante, ha dedicato un dramma, che naturalmente gli editori respingono.
La donna ha una sua forte personalità, è lei che praticamente manda avanti la baracca con il suo umile lavoro di inserviente presso una ricca signora, mentre il marito attivista a causa delle sue ideologie, ne perde uno dopo l'altro, aspirante drammaturgo e rivoluzionario, è un uomo che preferisce Cechov a Shakespeare perché sente che il bardo ha scritto troppe opere teatrali sui re. Nel complesso una storia commovente e anche divertente raccontata con molto humor britannico.
Il regista Roger Michell, morto nel settembre 2021, poco dopo la presentazione del film alla Mostra Cinematografica di Venezia disse: "The Duke si colloca nella grande tradizione delle 'healing comedies' (commedie che ti fanno stare bene), che in questo caso mostrano un uomo semplice che si ritrova a parlare apertamente ai potenti. Questa è comunque una storia ancora poco conosciuta, ma molto famosa ai suoi tempi. Bunton è da una parte un singolare Robin Hood e, dall'altra, un piccolo uomo che a un certo punto ha l'opportunità di alzare la voce davanti al potere. Nella cultura inglese c'è una celebrazione di questi tipi eccentrici".
Il ritratto del Duca rubato |
Il ritratto del duca - La storia vera
Nel 1961 il ritratto del Duca di Wellington dipinto da Francisco Goya, viene messo all'asta da Sotheby's. Il collezionista miliardario americano Charles Wrightsman offre 140.000 sterline (l'equivalente di quasi tre milioni di sterline oggi).
Tuttavia, il governo britannico interviene in sostegno con una controfferta per garantire che il dipinto rimanga in Gran Bretagna. Il quadro viene salvato a beneficio della nazione e messo con orgoglio in mostra alla National Gallery.
Bunton all'epoca era un autista di autobus in pensione disabile che non stava bene economicamente. Quando seppe che il governo britannico decise di acquistare il dipinto, si dice che la mossa lo abbia fatto infuriare, amareggiato di dover pagare il canone televisivo dal suo modesto reddito.
Secondo il suo stesso racconto, dalle conversazioni informali con le guardie alla National Gallery, Bunton apprese che l'elaborato sistema di sicurezza elettronico, di sensori a infrarossi e allarmi, veniva disattivato al mattino presto per consentire le pulizie.
Egli affermò che la mattina del 21 agosto 1961 aveva allentato una finestra in un gabinetto ed era entrato nella galleria. Aveva quindi prelevato il dipinto incorniciato ed era scappato attraverso la finestra.
Nel 1965, quattro anni dopo il furto, Bunton contattò un giornale e, tramite un deposito bagagli presso la stazione ferroviaria di Birmingham, restituì volontariamente il dipinto.
Sei settimane dopo si arrese alla polizia, che inizialmente lo aveva escluso come sospettato considerando l'improbabilità che un pensionato di 61 anni poteva aver eseguito il furto.
La polizia inizialmente presumeva che il responsabile fosse un ladro d'arte esperto. Tuttavia, l'agenzia di stampa Reuters ricevette una lettera in cui si chiedeva una donazione di 140.000 sterline in beneficenza per pagare i canoni televisivi ai più poveri e si chiedeva anche un'amnistia per il ladro, per la quale il dipinto sarebbe stato restituito. La richiesta venne rifiutata.
Durante il processo, la giuria condannò Bunton solo per il furto della cornice che non venne mai più ritrovata. La difesa di Bunton, guidata da Jeremy Hutchinson, affermò con successo che l'imputato non aveva mai avuto l'intenzione di tenersi il dipinto, il che significava che non poteva essere condannato per averlo rubato. Bunton quindi venne condannato a tre mesi di carcere.
l'articolo de La stampa del 23 agosto 1961 |
Nel 2012, a seguito di una richiesta sulla libertà di informazione, gli archivi nazionali hanno rilasciato un fascicolo riservato dal direttore della pubblica accusa in cui si leggeva che il figlio di Bunton, John, aveva confessato il furto dopo un suo arresto nel 1969 per un reato minore non correlato.
John Bunton disse che suo padre aveva intenzione di utilizzare il dipinto come parte della sua campagna e che alla fine sarebbe stato restituito alla National Gallery. Inoltre sia lui che suo fratello, Kenneth, avevano ricevuto l'ordine dal padre di non farsi avanti nonostante il processo.
Il direttore del Pubblico Ministero, disse alla polizia che l'ammissione di colpevolezza di John Bunton non era sufficiente per perseguirlo. Consigliò che sarebbe stato difficile perseguire il ragazzo per falsa testimonianza, poiché l'accusa avrebbe dovuto fare affidamento sulle prove del figlio, che era chiaramente un testimone inaffidabile. Quindi non venne intrapresa alcuna ulteriore azione.
Curiosità
Il furto divenne famoso entrando nella cultura popolare. Alla fine del film vediamo Bunton e sua moglie al cinema che guardano 007 Licenza di uccidere (1962), in una scena James Bond osserva con stupore il dipinto esposto nel covo del cattivo Dr. No, ma nella realtà il dipinto non era stato restituito, e non si sapeva chi lo aveva rubato. Lo scenografo del film di Bond per inserirlo nel film contattò la National Gallery di Londra dopo il furto (nel 1961) per ottenere una diapositiva dell'immagine e eseguirne una una copia realistica.
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Il ritratto del duca - trailer italiano
IL RITRATTO DEL DUCA
(The Duke )
UK, 2020
Regia: Roger Michell
Cast: Jim Broadbent, Helen Mirren, Fionn Whitehead, Matthew Goode, Aimee Kelly, Craig Conway, Simon Hubbard, Jack Bandeira, Heather Craney, Ray Burnet, Ashley Kumar, Charlie Richmond, Robert Jarvis.
Distribuzione: BIM
Durata: 96min
uscita al cinema il 3 marzo
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